Come te la scuòrdi ‘sta ‘Mmacolàta?! di Giuseppe Marano Caro Vittòrio! Scusa se ti scrivo ogni mòrta re papa (tra parèntesi: a Suorio dicono mòrta, a la Chiàzza dicono morte! Ricchezza linguistica. Almeno quella!); tu sai che non ti scrivo a bèllo ggènio, quànno mi schòcca ‘ngàpo, ma solo quando succede ‘na cosa gròssa, che può essere un po' importante e utile pure per gli altri;
non mi interessa la lagna personale (la nostra letteratura strabocca di piagnisteo!).
Ma veniamo a noi: come te la scuòrdi ‘sta ‘Mmacolàta?! L’ 8 dicembre scorso.
Te la faccio corta: dopo aver preso una comprèssa non riesco più ad andare a bagno: blòcco urinario. Due di notte. Mi vedo perso.
Che fai? Solo chi c’è passato può capire. “Qua sotto c’è la guardia medica!”. Ci vado subito. C’è una giovane dottoressa, espongo il problema sottolineando la necessità impellente di un catetere e subito mi gela: Non posso metterlo(!) dovete andare al Pronto Soccorso più vicino.
E chi t’accompagna? Nessuno in famiglia è in condizione di accompagnarmi, e non sentendomi di guidare, chiamo un amico che svolge servizio di accompagnamento co la macchina, ma lui e tutti gli operatori purtroppo sono impegnati.
Mi vedo costretto a…portàrmi da solo al PRONTO SOCCORSO più vicino: Sant’Angelo Lombardi, ove mi apre un infermiere giovane il quale sentendo il mio accidente mi gèla per la seconda volta: non c’è il reparto di UROLOGIA, però, avvertendo l’urgenza del problèma, sembra improvvisamente disponibile a mettermi il catetere, MA un vocione, con inflessione vocale velletariamente partenopea, lo sorprende alle spalle: “E chi s’ ’a pìgl’ ssà rescponsabilità!?” (= “e chi si prende questa responsabilità!”): dev’essere un collega più anziano che dall’interno quasi lo rimprovera. “Deve andare al PRONTO SOCCORSO, a Ariano o Avellino!”.
Questo il secondo “soccorso”: quello di Santàngilo.
Non ce la fàccio a replicare e, devo anche cercare di tranquillizzare il familiare che m’accompàgna. Un’altra stampìta per Avellino? E chi ce la fa!
“A pena” (il caso di dire) faccio ritorno a casa dove un familiare chiama il Servizio Infermieristico H 24 (!) per avere un operatore a domicilio, risposta: “Signò so’ re quàtto re notte!”, a significare l’antifona: “Ma tu ha’ pèrsa la capo!”= nessun operatore disponibile, nonostante la formula chimica: H24.
Chiamiamo il 118: miracolo, un barlume di voce umana accorda l’invio di un’ambulanza che dopo poco arriva, due infermieri professionali, compìti, svolgono con cura il loro intervento.
Il mio ringraziamento va a loro.
Eccezione alla sofferta regola: vilipendio della sofferenza.
Caro Vittorio se la sincerità è per gli amici, ti ho scritto senza alcuna speranza…migliorativa; per carità le dovute eccezioni sono d’obbligo: <<exceptis excipiendis>> = …fammelo dire in latino, se no, che l’ho studiato a ffà per tant’anni? Per scoprire la “luna re Nàpoli”? -come dicevano i mitologici sorevesi di Nànzi la Cupa.
Mi stavo dimenticando un piccolo corollario. Qualche giorno fa vicino alla posta incontro un vecchio amico: -Come stai Peppì?- Come non raccontargli la fresca storiella. Segue il mio racconto non meravigliato, e sono io che me ne meraviglio; mi dice: -Mi fai rivivere quello capitato a mio padre 28 anni fa stesso posto. Non c’era chi gli mettésse un catetere! Dovetti accompagnarlo ad Avellino!- Mentre parlava ricordavo un detto nostrano: “Guard’ a li uài re l’àti ca s’addòrcano li tua”, scoprendone l’egoismo di fondo: l’insensibilità o meglio il sollievo per i mali altrui!
Sparo qualche bbòtta di ricorso, esposto-colpo a ricerca di calore ai… Capaddòzi? Ma che ne cavo, povero féssa! I Di Pietro, i Borrelli & C. che fine hanno fatto? Saranno cancellati dalla storia perché colpevoli di essere anticorpi.
Qua non ce vòle la zéngara o un principe del foro per capire che sono stato, con pregnanza simbolica, vittima di “omissione di soccorso”, ma non da parte di un passante che mi trova a terra, ma da un servizio nazionale che deve soccorrere la tua salute. Caro Vittorio, ma…a che gioco giochiamo?!
Ti saluto aff.te
Giuseppe Marano