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LA NOTA DI CARLO CIOCIOLA

anonimo

Carissimo Vittorio, la nota che ti riporto è di qualche giorno addietro: "Ospite - Ormai siamo tutti abituati a dare la colpa sempre a qualcun altro di quello che succede o non succede, eppure é cosí "semplice" ognuno dovrebbe iniziare da se stesso e non dimenticare ma che la propria libertá finisce dove inizia la libertá del prossimo".La stessa, nella forma anonima, si colloca

come commento ad alcuni articoli a firma di Giuseppe Marano, Renato De Simone, Carlo Ciociola, Salvatore Santoro e merita qualche commento per due ordini di ragioni. Montella si è fregiata spesso di campioni della viltà, che nascondendosi nell'anonimato non hanno esitato a infangare cittadini, con poesie, canzoni, prose maliziose ecc., dando materia di "lavoro" a tanti investigatori, nostrani che, sulle orme di Sherlock Holmes o del più recente Commissario Montalbano, hanno ulteriormente reso un cattivo servizio al paese esercitandosi nell'arte della maldicenza anonima. Il primo dovere del cittadino è quello di onorare il nome che gli è stato attribuito alla nascita, all'atto dell'iscrizione all'anagrafe del Comune. L'onomastica è stata aggiornata nel 2000 proprio perché le generalità di un cittadino hanno rilevanza giuridica. Eredi dei Romani, non possiamo ignorare l'importanza che ebbe presso quel popolo l'esatta individuazione di una persona con i tria nomina, cioè prenome, nome e cognome!

Tanto premesso, caro Vittorio, l'anonimo non dovrebbe trovare posto nel sito che tu gestisci. Chi ha da dire qualcosa, è nel pieno diritto di farlo, ma assumendosene la piena responsabilità. Devi pretendere, secondo il mio parere, prima di pubblicare qualunque scritto, la chiara e affidabile sottoscrizione del commento o intervento, nel caso contrario, di eventuali calunnie o altro, te ne assumi la responsabilità come direttore del sito.
Ed ora qualche osservazione sul concetto di libertà. La mia libertà, quella di qualunque cittadino non trova limitazione in quella del prossimo. L'Italia è un paese libero e democratico, per fortuna non è al livello degli uomini bruti, che regolano le sfere delle loro azioni secondo la legge di natura. Il nostro paese ha superato da 70 anni la triste esperienza del ventennio fascista; non voglio credere che qualcuno vagheggi ancora il tempo dell'uomo forte che ha sempre ragione. La Costituzione Repubblicana, le norme di diritto positivo (jus in civitate positum) sono il fondamento dei diritti e doveri del singolo come persona e come parte di una società, basta dare una scorsa agli articoli 2 e 3 della nostra Costituzione per capire la differenza che corre tra lo stato di diritto e quello naturale.
Jean Jacques Rousseau, il filosofo e scrittore vissuto nel 1700, di fronte ai mali di una socità corrotta, violenta, diseguale, propose il ritorno allo stato naturale. Probabilmente ignorava Hobbes, il filosofo e matematico inglese, vissuto tra il 1588 e il 1679 che, nella sua opera maggiore, il Leviatano, esemplifica in alcune frasi, divenute famose, la condizione dell'uomo allo stato di natura: Bellum omnium contra omnes (la guerra di tutti contro tutti) e Homo homini lupus (ogni uomo è un lupo per l'altro uomo). Voltaire, filosofo, poeta, romanziere, spirito inquieto e trasgressivo, coetaneo di Rousseau, letto l'Emilio, il romanzo pedagogico di quest'ultimo, gli indirizzò questa ironica battuta: "Gentile signore, leggendo la vostra opera viene voglia di camminare a quattro zampe. Tuttavia, avendo perso quest'abitudine da più di sessant'anni, mi è purtroppo impossibile riprenderla"...
Vittorio, con un po' di pazienza rileggiamo anche qualche verso di Ugo Foscolo e riflettiamo: "Dal dí che nozze e tribunali ed are / diero alle umane belve esser pietose / di se stesse e d'altrui..." finalmente, con l'affermarsi della famiglia, della legge, della religione, l'uomo si liberò dallo stato di natura... Quel dì è tanto lontano! Siamo nel terzo millennio, viaggiamo nello spazio, sogniamo le stelle... sinanche presso gli aborigeni australiani il puro stato di natura risulta contaminato da regole e tradizioni.
Nello stato di natura, che è quello che emerge dalla frase del nostro anonimo, è assente la forza della legge, nelle sue ramificazioni, a parttire da quella fondamentale, la Costituzione.
La mia libertà, la libertà dell'anonimo, la libertà di tutti ha i suoi confini nelle leggi. Gli amministratori compiono le loro scelte, gli ingegneri progettano i ponti, le case, le strade, il parlamento legifera, la scuola insegna. Ciascuno è al servizio della comunità in uno specifico campo regolato da norme, non è legibus solutus. Si può anche sbagliare, come il sindaco che incorre in una sentenza penale e come il giudice che gli addebita una pena accessoria non dovuta. Il cittadino ha il diritto/dovere di manifestare liberamente il suo pensiero, suggerire, criticare, anche questi due servitori dello Stato i quali sono cittadini al pari degli altri, la loro libertà si esercita nell'ambito della legge. Non vi sono padroni e lo stato di natura è superato da millenni.
Quanto all'affermazione che ognuno deve assumersi le sue colpe,... incominciando da se stesso, è proprio vero solo che, ad esempio, l'uso del tufo nel costruire il palazzo comunale è colpa di chi ha redatto il progetto ed anche di chi ne ha autorizzato l'esecuzione, non certamente del cittadino che manifesta il suo dissenso.
Quanto alle colpe, se ve ne sono, appartengono a chi le compie e non certamente a noi che ne subiamo le conseguenze. Se ve ne sono, la società di diritto dispone di apposite istituzioni per perseguirle. Cerchiamo di non fare confusioni come nella favola "Il lupo e l'agnello".
Montella, 8 gennaio 2015 - Carlo Ciociola

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