Cetrola-treciolaCaro Vittorio, non ricordo se ieri, l'altro ieri o ancor l'altro, mi ha preso un dubbio , i filosofi lo chiamano pure dilemma...Ripetevo tra me e me: "Ma come si dice... re treciòla o cetròla...?". Mi dirai: ma no' tenevi proprio che pensa'! No, tenevo che pensa', ma il dubbio mi bloccava...Sì, perchè ricordavo d'averle sentite da piccolo tutt'e due quelle voci! Nei vichi di Sorbo, non ricordo in quale ma sicuramente in uno di questi: quello dove c'è la casa di Cicco Cianci...Annant'a' la Cupa... la Selece re còppa o la Selece re sòtta...Annant'a la Croce, 'Nnànt' a' l'Angilo, ...Suriviéllo...Sott' a' l'Angilo...Cappella e Cèrza Grossa...non me lo chiedere per favore che non me lo ricordo. Sorbo allora era

una magnifica conchiglia...accoglieva le voci più antiche...nella loro purezza; ogni tanto l' "avrìo re Sassetàno" (più potente di quello che scende da Lào e si perde nei vicoli di Sorbo) mi riporta quelle voci, accosto la conchiglia all'orecchio e ricomincia la musica che t'incanta...però, stiamo sempre là, me le portava tutte e due le voci! Mo’ ti voglio spiegare un poco l’ “avrìo re Sassetano” (ma forse già lo sai…); nasce questo respiro del monte nei suoi possenti innumerevoli valloni (una volta io ed un caro amico andato via, stavamo quasi sciarrando presi dalla discussione, io dicevo che erano diciassette, lui, forse per timore del brutto numero e per evitarlo, s’era ‘ncaponito su sedici! Hai voglia a dirgli che ero andato a contarli sulla costa -meravigliosa!- di Serra ‘li Viénti , dove la montagna si apre come un immenso libro verde…lui ripeteva che da un’altra prospettiva erano quanti ne diceva lui!). Torniamo all’ “avrìo”, a questo respiro fresco e puro della montagna che ci ristora e vivifica…: scende diramandosi nei canaloni multipli di Sassetano zufolando cupo come in canne d’organo, s’accoglie giù nell’ampio vallone Sorbitello, ma qui non si ferma, risale lento la ripida costa rocciosa e raggiunge Suriviéllo e qui si moltiplica imboccando altri “valloncelli”, quelli artificiali: stradelle e vichi, su e giù, uno di questi, il principale, la Sélece re còppa, a gradoni che sbocca di fronte casa, Davanti la Croce.  

Ma tutto questo cappellone a che serve? Vi chiederete. Voglio dirvi che quelle due parole, che mi creavano il dubbio, mi venivano distillate da lontano, raccolte in fondali remoti dal vento che me le riportava…Vedi che ti può fare ‘no citrùlo o triciùlo! Ma come è saltato fuori questo citrùlo? Da una cassetta di frutta. Arriva un camion carico di frutta, mi piacciono le pesche e le percoche, me ne prendo una cassetta dopo la prova della degustazione: ottima e profumata…Arrivo sopra, voglio fare la cura della frutta per una settimana come dieta consigliata da eccellenti nutrizionisti per tutto quel bene di Dio che ti fa…trullallèro e trullallà… fra l’altro per neutralizzare tutti i famigerati radicali in libertà che come terroristi attaccano e scappano inguaiandoci l’organismo…La prima fetta non mi convince, solo il profumo si salva; sapore, neutro; la seconda pure, ma la terza decisamente…cetriolo! CETROLAQuesta volta a scanso di equivoci in lingua nazionale! Ne “fello” qualche altro, idem! Ma dov’è andato il sapore mielato-zuccherino d’un tempo!? Ah, il solito vecchio brontolone mai contento lodatore del passato! Direbbero sprezzanti tutti in coro. Ma che colpa ne ho se allora erano così le pesche e le percòche, mielate e zuccherine? Chi si ricorda e conserva ancora buone le papille linguali, che il tempo affina, può fare l’obbiettivo confronto…Vabbè, ho pensato saggiamente, è capitato…fossero solo questi i guai! L’ho detto a casa. Non ci pensavo più, la cosa era caduta naturalmente nel vuoto. Così pensavo. Se non che, il giorno dopo ti trovo una fruttiera piena di pesche e percoche fiammanti, veramente a guardarle attentamente, avevano quel disegno impresso… Questa volta prese in negozio. Ne acchiappo una, ma forse il ricordo delle altre mi altera il gusto, me la fa sentire una…schifezza…Ne prendo un’altra. Questa volta il gusto è più deciso e definitivo: “cucuzziéllo”. Allora, siccome ci vado in fondo alle cose, e voglio reagire a modo mio, ho fatto di necessità virtù. Ho aspettato il pranzo, dopo il primo, tra lo sguardo incredulo dei presenti, me le son fatte all’insalata affettate insieme ai pomodori, sale, un po’ d’aceto, un filetto d’olio! Vi assicuro una squisitezza! E quindi mi son trovato da sopra! ‘Ntoppamiénto giovamiénto, non tutti i mali vengono per far male! L’antica saggezza che non sbaglia mai! Adesso non m’interessa manco più sapere perchè la differenza! Ormai ai profumi, come ai volti, ai sentimenti, alle persone di un tempo, bisogna saper rinunziare…se no sei…fregato (per non dire altro) e così pure alla dolcezza delle percoche d’una volta.

 

Giuseppe Marano