A passeggio per Montella e dintorni 018Il 25 novembre del lontano 1938 sono nata a Montella nel rione Sorbo, uno dei rioni più belli e antichi del paese. La mia casa si trovava proprio dietro alla chiesa di S. Michele, era una delle proprietà di famiglia, eriditata e ristrutturata da mio papà, dopo essere ritornato da lunghi anni di lavoro negli Stati Uniti. Avendo ormai compiuto gli ottanta anni, vorrei lasciare, in questo racconto alcuni ricordi della mia infanzia e adolescenza, vissute in Sorbo, fino a diciotto anni. Penultima di otto figli di Angelo e Bettina, fin dai primi anni imparai a risolvere autonomamente quelli che erano per una bambina i primi piccoli problemi della vita. Una delle cose strane che notavo, mi è rimasta sempre nella mente, era la differenza che esisteva allora fra le diverse famiglie del vicinato, di come vivevano e si comportavano con

modi di fare diversi e particolari. Molte di queste differenze derivavano dal tipo di lavoro di queste famiglie, basato quasi esclusivamente sulla pastorizia, su l'allevamento di vacche, suini, animali da cortile, uomini senza terreni di loro proprietà, prestavano lavoro bracciantile in agricoltrura. In queste attività spesso non A passeggio per Montella e dintorni 013mancava l'aiuto di noi bambine e bambini.Quando avevo tre o quattro anni, andavo aprendere il latte da una famiglia di vicini, al centro di Sorbo, allevatori di capre, e composta dai genitori con diciotto figli, più volte mi capitava di notare alcuni particolari che per la mia età mi lasciavano molto impressionata. Mentre i fratelli più grandi mungevano le capre i più piccoli uscivano dai giacigli, con gli occhi cisposi e con la le bocche ancora bianche di latte appena poppato. La loro giornata iniziava con una corsa alla fontana a lavarsi faccia e piedi, anche quando nevicava e intorno alla fontana era tutta una lastra di ghiaccio. Le donne di quei tempi, a Sorbo erano delle grandi lavoratrici e oltre ai lavori domestici si incaricavano di andare in montagna a raccogliere la legna per l'inverno e quando potevano a fare anche lavori pesanti nelle cave di pietra in prossimità del rione. Non c'erano mezzi di trasporto moderni e escludendo qualche somaro, molte cose venivano trasportate in testa solo ed esclusivamente dalle donne. Nelle cave, ricordo, di ever visto donne, allineate in fina una dietro l'altra, che dalla mattina alla sera portavano in testa, ondeggiando sui fianchi, grossi pezzi di pietra, un lavoro faticosissimo e probabilmente anche poco pagato. A quella età, essendo io una bambina, pensavo già al mio futuro di donna, con un po' di preoccupazione. Un giorno vidi venire dalla montagna una vicina di casa, in stato interessante con un gran pancione, che teneva per mano un figlio piccolo , e con l'altra mano si reggeva una grande fascina di legna in testa, dopo un po' di tempo dal pancione le nacquero due gemelli. Allora molte famiglie vivevano alla giornata e gli uomini erano impegnati nell'agricoltura, nella tenuta dei castagneti, e di altri diversi tipi di piante da frutto, meli e noci, questi ultimi ora quasi completamente scomparsi. Un'altro bel ricordo riguardava due ragazzi fratello e sorella, che al mattino presto s'incamminavano verso le terre di famiglia per andare a zappare, giunti sul posto discutevano come dividersi il pezzo da lavorare e con grosse zappe iniziavano velocemente il lavoro. Dopo, trascorso un po' di tempo a faticare, lasciavono le zappe e di corsa si recavano a scuola, in seguito seppi che tutti e due si erano laureati. Per trasportare materiali dalla campagna al paese come ho già detto avanti venivano impiegati muli e asini, molte volte trattati mele dai loro proprietari, un giorno un di questi uomini, non del tutto normale, se la prese talmente col suo ciuco da batterlo con una vanga fino a ridurlo in condizioni di non potersi più ritirare alla casa. Questo episodio mi fece talmente male che piansi per un'intera serata. A Sorbo esisteva anche a quei tempi il voto di scambio, vale a dire che A passeggio per Montella e dintorni 016per vincere e far eleggere il sindaco del loro partito due signore bigotte di famiglia benestante, regalavano pacchi di pasta. A seguito di questo particolare ci fù un litigio fra una di queste signore e una parente del candidato sindaco Antonio Bello, che arrivarono a darsele di santa ragione. Anche questo particolare mi viene spesso in mente quando sento parlare ancora oggi di voto di scambio. Fra gli spaccati dei miei ricordi delle persone di Sorbo, voglio raccontare, quello che spesso vedevo vicino alla fontana, una donna anziana sgridava e minacciava, un bambino della mia età, che aveva difficoltà a camminare, pensando che lo facesse per giuoco, lo trattava male, senza sapere che il difetto era grave e che il bimbo evrebbe avuto bisogno di cure particolari, ora mi viene in mente anche il nome, si chiamava Luca. Quando dopo tre anni sono tornata a Montella ho visto il ragazzino infermo e obbligato a stare su una sedia a rotelle. Dalla terrazza e dal cortile di casa mia si potevano ammirare tutto il panorama bellissimo del sottostante paese e delle montagne che sovrastano Bagnoli, da dove la mattina mi incantavo a vedere sorgere il sole. Da qui mi capitò di vedere un'altra bruttissima scena, avvenuta probabilmente per poca sensibilità verso gli animali, un vicino a cui aveva partorito la cagnetta non sapendo cosa farne dei cuccioli li uccise sotterrandoli vivi in una buca dove vinivano scaricati la spazzatura e i residui di casa, i poveri animaletti si continuarono a lamentare fino a sera. Anche la cagnetta fu uccisa lo stesso giorno a sassate. Quando mi riviene in mente, mi sento ancora un nodo alla gola. Nel 1956 tutta la mia famiglia si trasferì in Toscana non ci fù possibile portare con noi il nostro cane lupo, lo lasciammo a un maestro paesano del rione Cappella, ci disse che lo avrebbe trattato bene impiegandolo per fare da guardia in un frutteto, purtroppo dopo tempo seppi che il nostro cane fece la stessa orrenda fine della cagnetta, bruttissima usanza forse praticata con noncuranza e poco amore per gli animali. Le mie ore dedicate al giuoco le passavo molto spesso nell'orto sotto casa, dove erano coltivate le verdure per la famiglia e si trovavano diverse piante da frutto. Mi divertivo ad arrampicarmi su alcune di queste piante per raccogliere i frutti più alti maturati al sole, ricordo in particolare il gelso nero da cui scendevo sempre tutta tinta dal colore rosso scuro delle more, poi spesso salivo il tronco lungo e liscio di un olmo per raccogliere le foglie da dare in pasto ai conigli. Costruivo spesso con pali a forca in legno, piccole capanne dove con le amiche accendevo il fuoco, cuocevo verdure patate e pasta, preparando la tavola per un pranzetto in compagnia. Le mie abituali amiche erano: Anna e Carmela. Comunque il tempo dedicato ai giuochi era poco e rubato quasi sempre al A passeggio per Montella e dintorni 014tempo delle lezioni e dei lavoretti domestici in cui ero spesso impegnata. A sette anni, sono andata a scuola, tardando perché nata a fine novembre. Mi piaceva imparare e avendo fratelli e sorelle più grandi di me, andavo spesso a curiosare nelle loro cartelle guardando libri e quaderni, così ché, quando ho iniziato la prima elemantare conoscevo già l'alfabeto e le tabelline. Ho frequentato tutte le cinque classi delle elementari all'edificio scolastico di Sorbo, col maestro, De Simone, e con sua moglie, ambedue alquanto severi, come era normale in quel periodo, pronti a distribuire spalmate sulle spalle e sulle mani ai ragazzi più indisciplinati. Questo capitava anche per cose non troppo gravi, come un libro macchiato o un quaderno sgualcito. I genitori approvavano e incoraggiavano i maestri a questo tipo di punizioni corporali, definendole molto educative. Oggi e tutta un'altra musica, i genitori per un brutto voto vanno a litigare e a picchiare gli insegnanti. Alcuni ragazzi, arrivavano a scuola fino dentro l'aule con il cerchio e la bacchetta che usavano normalmente per giuoco, scalzi e scalmanati come se il giuoco dovesse continuare durante le lezioni. Qualcuno a fine lezioni usciva deriso dai compagni con attaccato sulla schiena un cartello con disegnato un grande zero spaccato. Finite le elementari mi sarebbe piaciuto continuare gli studi, questo non fù possibile per più ragioni. Intanto le ragazze che dovevano andare a studiare ad Avellino, per vecchie credenze paesane venivano considerate male, come se a lasciare anche temporaneamente il paese si diventasse delle poco di buono. Poi esistevano le realtà famigliari, la mia era particolare. Con grandi sacrifici, le famiglie indirizzavano agli studi generalmente i primi figli maschi, e mio fratello Peppino dopo le superiori si iscrisse all'università laureandosi in medicina. Le nostre proprietà, erano costituite in prevalenza da castagneti con l'aggiunta di alcuni terreni fertilissimi dislocati in una decina di località vicine e lontane dal paese dove abitavamo. La mia famiglia, con i giovani: due maschi e sei femmine, e i due genitori anziani, non era più in grado di lavorare a mantenere perfettamente in ordine i fondi agricoli. Nell'anno 1956, ma anche negli anni precedenti numerose famiglie lasciavano per sempre Montella, emigrando chi all'estero e chi nelle regioni italiane del centro nord. Anche noi decidemmo, dopo il trasferimento di un mio fratello Gerardo e di sua moglie in Toscana, di vendere tutto e andare a stabilirsi dove si sapeva avremmo trovato accoglienza e un buon lavoro soprattutto per me e per le mie sorelle. Posso dire, che la mia gioventù passata a Sorbo è stata una gioventù allegra e spensierata, perché in famiglia non ci mancava niente, per l'ambiente bello e salutare e per gli abitanti del rione, tutta brava gente, pronta ad aiutare gli altri in caso di particolare bisogno o di necessità. Tutti vorremmo ritornare indietro ai primi anni della nostra vita, ma sappiamo anche, che non è assulutamente possibile e ci culliamo nei ricordi scrivendoli come ho fatto io oggi, sperando che qualche abitante, ormai anziano di Sorbo li riviva e li condivida con me.
Carmela Marano
Empoli Fi 9 Maggio 2019